Facciamo parte del collettivo “stanchidiattendere”; tra le nostre intenzioni c’è quella di fondare un’associazione attenta al rispetto dei diritti dei cittadini più deboli, quella dei fruitori della cosiddetta “bassa soglia”, composta non solo dalle persone che vivono per strada e usufruiscono dei tanto discussi dormitori torinesi, ma anche da persone dipendenti da sostanze e immigrati, regolari e non. Tutte  persone che, molto spesso, per un motivo o per l’altro, subiscono ingiustizie e soprusi e non hanno nessuna voce in capitolo per cercare di migliorare le cose. La nostra è un’iniziativa che vede coinvolti in prima persona gli stessi utenti dei servizi, nata in seguito alla decisione del Comune di Torino di chiudere il dormitorio di Str. Castello di Mirafiori, decisione che noi non condividiamo e che consideriamo dannosa sotto ogni punto di vista.


Chiediamo con forza che venga disposto anzitempo, da parte del Comune, un preciso piano di potenziamento delle risorse di bassa soglia, senza che nel frattempo alcun posto venga a mancare.


La realtà attuale di questa città è molto più triste di come viene descritta. Le istituzioni locali vogliono attuare tagli mirati solo e sempre in un’unica direzione, come chiudere dormitori, revocare, sospendere o rifiutarsi di erogare i peraltro esigui aiuti
economici, anche dopo che le domande in questo senso sono state accolte (è una cosa che accade spesso), e senza che la condizione delle persone sia nel frattempo mutata. Siamo fermamente convinti che la situazione attuale, che tentano di
farci vedere come l’unica possibile, derivi dalla somma di differenti problematiche che si aggiungono alle molte già esistenti. Talvolta trattate con superficialità e che si protraggono da anni, come confermato dai tagli da una parte e dagli sprechi dall’altra.

La crisi non deve pagarla ulteriormente chi già si trova in difficoltà e la vive ormai da troppo tempo.
Le Olimpiadi non devono essere pagate dai cittadini: se le paghi chi le ha volute ed imposte.
Che cosa sono i dormitori, per la gran parte? Strutture fatiscenti e malsane popolate e assediate da insetti e ratti, insufficienti e carenti, nelle quali è possibile contrarre molteplici malattie.

Vanno abbattute certamente, ristrutturate in altri casi, ma non è possibile far pagare a noi pure la loro incuria.

Non sembrerebbe di parlare di una città europea del 2009, città dei mondiali di calcio, delle Olimpiadi invernali, della linea ferroviaria TAV e delle metropolitane. E anche a proposito delle Olimpiadi ci sarebbe da ridire sulla ‘pulizia etnica’, o sociale, che è stata fatta in questa occasione, quando i senzatetto e i tossicodipendenti di Torino sono stati manganellati e dislocati come sacchi di
patate da una parte all’altra della città. Questo per presunte ragioni di decoro. Ma noi non crediamo in un decoro che prescinde dal rispetto della dignità umana.

Le fioriere che ornano via Po sono certamente uno spettacolo bellissimo, di giorno. Vedere decine di persone che ci dormono accanto, la notte, è invece vergognoso. Persone costrette a dormire per terra ai lati di arredi urbani costati gli stessi soldi necessari alla gestione di almeno uno dei sette dormitori della nostra città.


Noi non vogliamo morire in una stazione o su una panchina.

Siamo esseri umani e non vogliamo più subire le scelte di chi non sa quello che fa, né ripara in qualche maniera a ciò che consegue alle scelte sbagliate. Tutto ciò è evidente, basta guardarsi attorno: non esistono quasi più servizi igienici pubblici, le fontane di acqua
potabile (i tori verdi, tanto per intenderci) vanno scomparendo, il traffico cittadino un po’ ovunque è caotico più che mai.


Le code sono fatte di ore ed ore d’attesa anche per un solo pasto al giorno. Ma si rinnovano gli stadi di calcio, certi lavori pubblici sembrano non finire mai, con sprechi di denaro pubblico indicibili: basta prendere un autobus nelle giornate di canicola estiva per capire… dopodiché si specula sui dormitori.

Vogliamo  parlare degli aiuti economici, i cosiddetti sussidi? Sono inadeguati, circa 180 euro al mese dopo aver dovuto dimostrare ciò che è sotto gli occhi di tutti: dopo aver già raccontato la propria intera vita agli operatori è d’obbligo certificarla con le istituzioni. Cosa non sempre utile all’ottenimento di questa esigua cifra, perché il Comune di Torino non destina molti fondi al sociale, e non eroga
volentieri i sussidi. Tutto questo dopo essere già stato riconosciuto come un senza casa e un senza lavoro (che chi può ancora svolgere farebbe con immenso piacere), condizione di per sé avvilente, a cui si aggiunge anche l’umiliazione di essere sempre visibile come barbone, e come tale sempre additato.


Perché noi ci siamo. A qualcuno può sembrare che, perdendo casa, lavoro, relazioni, siamo stati esclusi dalla società: ma in realtà ne siamo parte. L’unica differenza tra noi e i cittadini integrati è che questi possono esercitare (e infatti esercitano) i propri diritti;
mentre a noi i diritti sono stati negati. Può essere questa la nostra funzione nella società? Dobbiamo necessariamente essere condannati a un non-ritorno? A rimanere sempre al limite della sopravvivenza? È in queste condizioni che volete vederci?


Parliamo poi dei dormitori, di cosa significa frequentarli. Lasciamo pure perdere quando ci arrivi, il senso di smarrimento profondo dei primi tempi. Ben presto il disorientamento è sostituito dall’illusione che, bene o male, un tetto ce l’hai. L’illusione però non dura molto: i non residenti, italiani e no, hanno diritto soltanto a sette notti di permanenza, dopo lunga attesa; i residenti, teoricamente più
fortunati, ad un mese. Ma per residenti e non residenti la situazione è identica quando il periodo finisce e arriva il
momento di uscire: bisogna reiscriversi presso un’altra struttura, e ricominciare ad aspettare. La tua vita è scandita dall’attesa, lunga, frustrante, e che riempie prepotentemente il tuo tempo, impedendoti di avere una normale vita sociale, togliendoti la possibilità di cercarti un lavoro, di curare le relazioni affettive e sociali, e rendendo difficile anche provvedere delle più comuni esigenze, come procurarsi un documento o recarsi dal medico.
Ti rimangono solo ritagli di tempo per ricordarti che non sei solo un utente, e che devi “risalire”, e devi farlo in fretta! E spesso da solo! Ma ti serve un tetto, che sta alla base di tutto ma che non deve prenderti tutto! La nostra critica non si ferma alla penuria delle risorse, che se fossero adeguate già risolverebbero in parte molte cose, ma va oltre e si concentra anche sul sistema di gestione delle case di ospitalità notturna o meglio denuncia uno stato di cose che genera cronicizzazione e non è, per dirla come gli operatori, tesa a promuovere l’autonomia.


È a questo scopo che, come collettivo, proponiamo di istituire un tavolo di coordinamento composto di utenti, operatori e tecnici delle istituzioni. La volontà di questo collettivo è infatti quella di costituirsi al più presto in associazione, la cui finalità sarà quella di tutelare e farsi garante dei diritti dei senza dimora.